Norse – “Blu”

È tornato il freddo. Quella mancanza di calore umano, quella sensazione di vuoto all’altezza dello stomaco che sembra mangiare tutto. Lo raccontano i Norse nella loro ultima fatica Blu, un lavoro malinconico, denso e glaciale.

I quattro pezzi che compongono l’EP conducono l’ascoltatore in un viaggio tetro, una dimensione introspettiva e rassegnata. Non c’è pace in queste canzoni, le risposte che si stanno cercando non trovano una risposta chiara, definita. Sembra di essere in balìa di una marea tormentata, che spinge il nostro corpo contro scogli e fianchi di navi. E in tutto questo siamo impotenti.

Stringo il coltello

dalla parte della lama

ma più mi abituo

più mi affonda tra le dita

I Norse sanno bene come dare vita a atmosfere cupe. Le sonorità sono grezze e quelle note melodiche riescono a dare un vero e proprio colore ai pezzi. Si ascolta un insieme di influenze che spaziano dallo screamo al punk più sperimentale, toccando momenti di puro e ruvido hardcore. E tutto ciò riesce a trasmettere una malinconia toccante e una rabbia forte, lacerante. È la stessa che nasce dalle occasioni perse. Blu è il titolo perfetto per questi accordi e queste urla straziate.

L’EP è uscito il 17 ottobre di quest’anno grazie all’aiuto di diverse realtà indipendenti:

Norse – “Blu”

ZZ & Fato W – “Shinobi” EP

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L’unico stile di rap che dovrebbe sempre andare di moda è quello fatto bene. Il resto sono solo pensieri annoiati su Facebook, stories su Instagram con il solo scopo di dare visibilità a qualche youtuber che non ha ancora capito come utilizzare al meglio il proprio tempo. Questo vale in generale, ma vista la popolarità che da diversi anni a oggi ha acquisito il rap, è ora di mettere un po’ le cose in chiaro. E anche in questo caso è giusto che sia la musica a parlare.

Shinobi è il lavoro solista di ZZ, membro della crew bolognese OTM. Le strumentali sono firmate da Fato W che propone un sound decisamente fresco e d’impatto. Le sonorità appartengono a quella nuova ondata che mantiene allo stesso tempo un legame con la “vecchia scuola”, con le cosiddette “radici”. Gli scratch presenti nei pezzi “Shuriken” e “Ryu” ne sono un chiaro esempio, opere di RjD Django.

Ciò che colpisce maggiormente di questo EP sono le diverse influenze che si incontrano all’interno. C’è il groove. C’è la presa bene. C’è la strumentale che asseconda i pensieri dell’MC, da quelli più conscious a quelli che snocciolano punchline senza mai esaurirsi. ZZ dà prova di grandi capacità liriche, insieme a un flow vario e preciso. Le rime e gli incastri sono invidiabili a molti dei rapper che dicono di essere i soli a spaccare. Talvolta è quasi difficile stargli dietro.

L’EP di ZZ e Fato W è un esperimento uscito al meglio. OTM aveva già dato prova di essere un collettivo dinamico, pronto a viaggiare su flussi inesplorati e a proporli con grande personalità. Il risultato finale è degno di attenzione e capace di creare un interesse meritato attorno al progetto.

Questo è il rap fatto bene. Questo è il rap che dovrebbe andare di moda.

ZZ & Fato W – “Shinobi” EP

Malkovic – “Buena Sosta” EP

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Mi considero sempre fortunato quando faccio la conoscenza di persone che credono ogni giorno in quello che fanno, nelle loro canzoni e in quei progetti che spesso tolgono il sonno. E mi fa ancora più piacere sapere che alcune di queste provengono dalla mia città, più o meno, e hanno visto le stesse piazze, gli stessi locali in cui sono stato anche io. Si crea una sorta di vicinanza, è come capirli meglio.

Prendiamo ad esempio i Malkovic. Loro sono di Brescia, me li fece conoscere un mio amico in università e nel giro di una laurea triennale hanno fatto conoscere sempre pià la loro musica. I palchi che li ospitano crescono ogni volta che li incontro, così come i pezzi che scrivono. E diciamolo, la loro nuova fatica merita tutto lo spazio che si sta ritagliando, anche di più.

Si intitola Buena Sosta il secondo EP dei ragazzi che si confermano ancora una delle realtà bresciane più interessanti.

Nelle nuovi canzoni si incontrano suoni maturi, cresciuti grazie al tempo passato in sala prove e sui palchi. Ci sono momenti post-rock ed altri influenzati leggermente dal pop e dall’indie. I pezzi suonano grezzi, come se suonati davanti a te. E questo crea quel valore aggiunto che dona al complesso una dimensione nostalgica e lontana. Ascoltate e vi innamorerete.

Colossus” è la canzone che traina questo EP. “Chitarrina” sarà la hit estiva e poi di tutto il resto dell’anno.

Bella gnari, ci si vede in Carmine.

Malkovic – “Buena Sosta” EP

OTM / DeQuantiside – “Yokai”

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Bologna è sempre stata una città ricca di novità dal punto di vista musicale, riuscendo sempre a proporre nomi validi in diversi generi. Tra i tanti, l’hip-hop si è ritagliato nel tempo uno spazio interessante, contanto tra le fila un numero crescente di ascoltatori e musicisti.

In questo mare di uscite, un gioello da non perdersi è Yokai, EP nato dalla collaborazione tra OTMDeQuantiside. Questo lavoretto è qualcosa che gli amanti del genere non dovrebbero affatto perdersi e che apprezzeranno per motivi differenti.

In totale si contano sei canzoni dalle quali emerge il punto di forza del progetto, ovvero un mix di flow e strumentali che possono apparire dissonanti,  conferendo in realtà un grande spessore nel complesso. Si incontrano sonorità più “classiche” ed altre riconducibili ai nuovi filoni che stanno spopolando. I ragazzi propongono liriche complesse, dalla struttura agli incastri e dimostrandosi quindi degni di essere chiamati “MC”.

Anche dal punto di vista dei testi bisogna riconoscere che sanno il fatto loro. Oltre l’aspetto puramente tecnico, questi presentano contenuti espressi con ricercatezza e attenzione alle parole utilizzate. Un esempio di grande resa della sfera introspettiva sono “Barca a remi” e “È mio il mondo” a cui è affidato il compito di chiudere le danze dell’EP. E “Grappa al fieno” si aggiudica il primo posto per il miglior pezzo da balotta.

OTM e DeQuantiside hanno superato al meglio le aspettative di coloro che vedono il rap come un genere statico e che sono scettici quando si sperimenta un po’. Adesso si attende il disco.

OTM / DeQuantiside – “Yokai”

Submeet – “Submeet”

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Credo che in questo periodo molti provino a essere “post-qualcosa”, talvolta scadendo in musica banale e insapore. Che poi è sempre facile fare gli alternativi del momento, ma quando si parla di fatti sono pochi a reggere il gioco. Va bene la riscoperta e il riadattamento di un certo suono, ma ciò non toglie che non debba esserci personalità in quello che si sta suonando.

Bisogna volere bene alla propria musica, no?

Lo spazio è tutto per i Submeet e per il loro EP omonimo uscito a ottobre del 2017. Il lavoro è composto da cinque pezzi sull’onda post-punk, noise rock, tutti caratterizzati da una personalità distinta, intima. A questo bisogna aggiungere uno sfondo shoegaze e per gli amanti del genere è subito amore. Finalmente.

L’ascolto scorre fluido tra quelle distorsioni catartiche e la batteria che pulsa sotto e guida il ritmo senza mai annoiare. La melodia conferisce maggiore voume all’atmosfera e la voce è come un tuffo nel passato. Ci si muove che quasi si finisce a ballare, con una certa nota malinconica.

Se questo è solo l’inizio allora si aspetta con grande curiosità il futuro della band che sembra promettere davvero bene.

Submeet – “Submeet”

Bennett – “Bennett”

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Continua la rubrica “dischi d’esordio bellissimi” e questa volta la band viene da Firenze. Non ci sono ancora stato, ma presto la vedrò anche io. Lo spero davvero.

La band risponde al nome Bennett ed esordiscono con un EP tutto da ascoltare. Il lavoro omonimo presenta sei tracce parecchio interessanti, una ventata d’aria fresca nel panorama musicale italiano.

Le sonorità sono semplici e coinvolgono da subito. Rimandano un po’ ad una atmosfera pop-rock, energica e vivace a cui si affianca una voce forte, capace di trascinare nel canto. Sembra quasi primavera quando si ascoltano queste canzoni, il momento prima che esca il verde sugli alberi e dei fuochi d’artificio a una festa. L’EP ha un tocco dolce e adrenalinico allo stesso tempo.

Questi sono gli album da ascoltare e far conoscere, le cose nuove fatte bene e con grande originalità. Insomma, mi piace e basta.

Sono da vedere in live, magari a Firenze.

Bennett – “Bennett”

Io(Bestia) – “Io(Bestia)”

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Non esiste musica vecchia o musica buona, esiste solo musica fatta bene. Giusto per ricordare che, per quanto uno si possa considerare un pioniere di un particolare genere o un accanito sostenitore delle sue evouzioni, se il risultato finale è mediocre si annullano tutte le bandiere issate in precedenza. Le cose destinate a rimanere sono quelle che abbattono la dimensione temporale essendo se stesse. La musica è libera, anche da quei pregiudizi che rendono tanto scettiche le persone.

Da Brescia, sempre più industriale e contaminata, appare un nome che si sta affermando con un certo entusiasmo. Loro sono gli Io(Bestia), band nata da esperienze passate che ha da poco pubblicato un EP omonimo composto da sette tracce. Sono bastate queste per far sì che i “gnari” abbiamo conquistato uno spazio loro, davvero interessante.

Le sonorità rimarcano l’hardcore italiano di qualche anno passato, lo stesso che ha fatto avvicinare tutti noi a questo mondo fino ad innamorarci. Il ritmo varia, accelera nei tratti più adrenalinici ed esplode in quei brani che danno spessore ai breakdown. Voglia di libertà, aggressività e un malessere urlato senza tanti giri di parole fanno di questo lavoro un valido biglietto da visita, una presentazione che fa ben sperare circa i progetti futuri della band.

I testi, brevi e intensi, sputano una visione cinica di ciò che si avverte intorno, delle esperienze passate che ancora si manifestano sulla pelle. Non manca un disgusto generale che si sposa perfettamente con i suoni proposti dal gruppo.

Il disco si presta moltissimo alla componente live, che si preannuncia essere una situazione decisamente movimentata e coinvolgente. I quattro ragazzi sono bestie, come suggerito dal nome e come si potrà affermare dopo averli visti e sentiti sopra il palco.

Questa è buona musica, l’hardcore fatto con la rabbia e con il cuore.

Io(Bestia) – “Io(Bestia)”

Magnitudo – “Si vis pacem” EP

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Ammettiamolo, sono molti coloro che avviano una band con l’immaginario di sonorità pesanti e massicce, che magari spostano i palazzetti e la casa dei vicini un po’ più in là senza riuscirci. Altrettanti si impegnano nell’evocazione di spiritelli maligni, con nebbia finta e lapidi ovunque, ma sempre con scarso risultato. Il motivo, forse, è perché sotto le note, sotto la composizione, non vi è nulla, non vi è sostanza. Si incontra quindi un vuoto che fa crollare la già fragile struttura. Ammettiamolo, ci sono delle eccezioni.

Magnitudo, tre ragazzi provenienti dalla Bergamo rumorosa, propongono un EP di quattro tracce, intitolatoSi vis pacem. Tutto ciò che si ascolta in questo lavoretto non ha nulla a che fare con la pace, con paesaggi idilliaci o con la calma a cui una persona tende. Tutto il contrario, i suoni sono pesanti e i ritmi lenti ricordano un po’ le scosse dei terremoti, la mole delle placche che si scontrano e stordiscono e fanno cadere i monumenti.

L’elemento che dà valore all’EP l’atmosfera che si crea e che sembra dipingere un immaginario urbano decadente e lobotomizzato, cieco rispetto ciò che lo circonda. Si intravede un filo conduttore che guida l’ascolto e trascina in posti che fuggono l’ordinario clima cittadino. Gli amanti dello sludge non possono non apprezzare la proposta di questi ragazzi che, tra canzoni strumentali e cantate, hanno confermato che si può trasmettere qualcosa senza virtuosismi plastici e che non hanno sapore. Questo è un lavoro da ascoltare, davvero.

Ammettiamolo, non sempre si ha la testa per impegnarsi in qualcosa, ma quando c’è la qualità e la passione, perché non riconoscerle e dargli una possibilità?

Magnitudo – “Si vis pacem” EP

Ermes – “Worst case scenario” EP

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Oggi è successo che ho fatto un po’ il mago, di quelli veggenti che riescono a sapere cosa accadrà nei prossimi giorni senza sbagliare di molto. E tutto questo senza nemmeno leggere le carte o le stelle, senza interpretare i gesti dei passanti o il fondo del caffè alle sei di mattina. Insomma, sarà così e basta.

Oltre al freddo, all’avvicinarsi di novembre e della nebbia, ai crediti in università che non so dove trovarli, posso dire con certezza che settimana prossima uscirà un EP che non deve assolutamente passare inosservato. Basta avere pazienza e avrò ragione, davvero.

La band si chiama Ermes e dopo un lavoro pubblicato l’anno scorso e diverse date alle spalle, sono tornati in studio per registrare tracce nuove dal sapore punk, diretto e per nulla intenzionato a stare zitto. Le nove canzoni che compongono l’EP si ascoltano tutte d’un fiato, senza pause, così da seguire al meglio la scia, che i ragazzi mica ti aspettano.

Worst Case Scenario si apre con Title Track che da subito fa capire a cosa ci si imbatte iniziando il disco. Segue l’energia di Two Headed EgoMindfuck: The Musical! che fa ballare un po’, ovunque voi possiate essere. American Pizza” trascina forte e si riprende il respiro, appena appena, con lo skit No Sleep Till Trevozzo che lascia spazio alle ultime canzoni. Si riparte con Radical Shit che urla in faccia tutto ciò che ha da dire, altro che politically correct. A far calare il sipario tocca ai brani Bleeding Heart AdderallAngel WarriorHypnagogia che confermano definitivamente la bravura del gruppo.

Le tracce non sono mai monotone o uguali, il ritmo cambia e le sue variazioni rendono tutto più interessante e coinvolgente. I loro live si preannunciano qualcosa che si ricorda, come i lividi sulla pelle.

Il 21 ottobre avrò ragione e chissà se a fare il mago si passano più facilmente gli esami.

Ermes – “Worst case scenario” EP

Raein – “Perpetuum” EP

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Arrivo sempre in ritardo. Capita spesso e nonostante prenda sempre nota dei vari appuntamenti mi dimentico ingenuamente. E non lo faccio con cattiveria, semplicemente mi viene così.

Alla fine arrivo, recupero le coordinate e in qualche modo riesco a presentarmi. Magari non sempre vestito al meglio, ma si fa quel che si può, no?

Inizia tutto con suoni dolci, anche se suonati con un’energia che riesce a muovere contemporaneamente ogni cellula del corpo. Come se tutto urlasse di voce propria, prosegue in lamenti, in movimenti convulsi in cui le parole bruciano e vogliono essere liberate, in qualche modo. Che ad avere tutto dentro si finisce per esplodere con il mondo ed estinguersi è certezza.

Scrivono, cantano, suonano, i Raein in un Perpetuum che racconta un’intimità nata da un quotidiano afferrarsi, lasciarsi, strapparsi. Lo immagino così, come una tela bianca contesa da forze opposte che non vorrebbero farle del male, ma la riducono in infiniti brandelli. Ed è in parte commovente, in parte straziante e violento.

La tracklist conta in tutto sei braniche vorresti durassero sempre un po’ di più. E che ascolteresti anche dopo averli imparati a memoria. Strumenti, voci, tutto è atmosfera e tutto diventa un verso della canzone precedente e successiva. Si crea un’onda continua, che avanza e retrocede, un infinito ritrovarsi e perdersi nel deserto che si crea attorno e che si porta dentro.

Le parole sembrano un flusso costante e con estrema disinvoltura si lega alle correnti dell’ascoltatore e ne culla le direzioni. Che forse per tutto questo ci sarebbe altro da dire, qualcosa di più concreto, ma a me sono bastate sei canzoni e la mia sabbia per entrare in questo ciclo perpetuo.

Arrivo sempre in ritardo, di qualche minuto o di qualche mese. Non ho mai avuto un gran tempismo e tutto questo polline vola ad altezza uomo.

Raein – “Perpetuum” EP