Never Tell Me The Odds, solo per vere canaglie spaziali

C’era un cassonetto, una sexy doll androide, un capitano vanitoso accompagnato da un assistente senza diritti. Il Merda, così è stato battezzato. In tutto questo io ero un umile lemure senziente di nome Gonzalo, il cui unico scopo della vita era scappare da uno zoo e scoprire che l’amore si nasconde anche nel petto gelido di un russo. Baciava bene.

Tutto questo è avvenuto in qualche oretta di sessione dove abbiamo giocato a Never Tell Me The Odds. In questo gdr si vestono i panni di canaglie spaziali, pronte a tutto pur di realizzare il proprio progetto. Inseguimenti folli, sparatorie su pianeti lontani e gang di creature violente sono solo alcuni degli elementi che incontrerete in questo gioco. Potrete fare incontri peggiori. Come si dice in questi casi, l’unico limite è la fantasia.

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Never Tell Me The Odds è un gioco ideato da David Somerville e il progetto ha riscosso un discreto successo. Siamo di fronte a un gdr molto semplice, che non richiede particolare preparazione. Il master, in questo caso rinominato Maestro del Rischio, guiderà le canaglie in avventure tanto folli da nascondere pericoli insidiosi. E i giocatori dovranno scommettere tutto ciò che hanno di più caro per riuscire a salvarsi la pelle. O il metallo che hanno innestato.

Niente dadi questa volta. A decretare il risultato di un’azione sarà una semplice moneta. Testa o croce, è il caso che fa la trama. E che, come spesso può capitare, qualcuno potrà dire addio alla propria scheda.

NTMTO non ha grandi pretese. Rende perfettamente nelle one-shot, ma qualche master potrebbe osare e proporre un’avventura che duri nel tempo. Il sistema di gioco si impara velocemente, dopo una sola sessione saprete muovervi in quelle poche e semplici regole.

Perché giocare? Prima di tutto, un gioco di ruolo si prova sempre. Inoltre, questo titolo è una valida alternativa rispetto a quelli più consistenti, dove la mole di meccaniche e informazioni è decisamente superiore. Così anche i più pigri – vi vedo – hanno modo di scoprire che non tutti i gdr sono composti da tre manuali base, più quelli aggiuntivi. E le avventure, le armi, un bestiario infinito.

Trovate un party e buttatevi. Vi piacerà. Scommettiamo?

Never Tell Me The Odds, solo per vere canaglie spaziali

Gli occhi di chi ha fatto il Vietnam – “Vedremo”

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Ognuno ha una guerra da combattere. Ognuno si muove tra i pericoli nascosti in una giungla di paure, di incertezze, di pensieri che non fanno dormire. Ognuno ha un suo Vietnam.

Vedremo è un disco che parla delle battaglie quotidiane, quelle a cui non si è mai pronti. Le racconta con una certa rassegnazione, come se sottrarsi fosse impossibile e la vittoria fosse qualcosa di lontano. Lo scopo non è vincere, ma rimanere a galla. Si cerca qualcosa che ci salvi, ma questo non appare. Bisogna contare sulle proprie forze, quelle che rimangono.

Dietro a questi scontri c’è Gli occhi di chi ha fatto il Vietnam. Un progetto che si fa largo in un’atmosfera sognante e malinconica, dove le sonorità lo-fi sfumano in una nube di colori e note delicate. Le parti vocali hanno la forma di poesie, di flussi che trovano spazio su strumentali varie e sempre alla ricerca di nuovi modi per esprimere i sentimenti. In queste canzoni la musica e le parole sono più legate che mai. Sono un’unica cosa.

Luca Fois è il cuore del progetto, artista poliedrico che si è fatto notare in diversi generi musicali. Prima come rapper, sotto il nome d’arte Kaizer e poi come voce dei Quercia, band che in poco tempo ha fatto innamorare moltissime persone. Diversi stili, ma un’unico filo rosso: raccontare se stessi e le debolezze che – inevitabilmente – nascondiamo. Le utilizza quasi per trovare un modo di continuare, di non lasciare che queste tolgano la poca luce alle giornate.

In questo disco si ritrova il passato e il futuro del compositore. Si ascoltano anche le sue influenze e la sua continua ricerca di suoni, di espressioni che non si fermano al mero prodotto musicale. Il suo percorso artistico ci porterà su altri campi di battaglia, ma saremo sempre soli a combattere.

 

Gli occhi di chi ha fatto il Vietnam – “Vedremo”

Serpentarium, i giochi di ruolo non si fermano

Ero un dragonide barbaro che ha avuto la brillante idea di voler cavalcare un drago. Ho dimenticato il colore, forse verde. Sono caduto da più di quaranta metri e i miei compagni hanno assistito alla scena impotenti, dall’alto di una torre. Non mi hanno fatto il funerale.

Parliamo di “giochi di ruolo“, ovvero giochi in cui ogni partecipante è chiamato a interpretare il proprio personaggio, in mondi appartenenti a diversi generi letterari. Recita la parte di un avventuriero che ha intrapreso un viaggio per salvare la propria terra o di un mago intenzionato a scoprire i segreti più arcani della magia. Ci si trova in gruppo attorno a un tavolo, manuali e scheda alla mano, si lancia qualche dado sperando che non escano numeri bassi. Io e i miei amici urliamo.

Com’è il mondo dei giochi di ruolo visto e vissuto da un designer? Leonardo “Moro” Moretti lo racconta attraverso Serpentarium, casa editrice fondata insieme a Matteo “Curte” Cortini. Svela così un mondo in costante crescita e affamato di nuovi titoli, aperto a nuove proposte.

Tirate su “iniziativa”.

Partiamo dalle origini. Serpentarium, come nasce? Nel 2003 come nome per indicare me e Curte come autori, di fatto era solo un marchio che applicavamo ai nostri giochi prodotti da altri editori. È divenuta una ditta vera solo nel 2015, quando siamo diventati una casa editrice per autoprodurci.

Qual è stato il gioco che ti ha fatto intraprendere la strada dello sviluppatore? Molti: da Uno Sguardo nel Buio, a D&D scatola rossa, passando per Vampiri, Deadlands e Warhammer FRP.

Come vedi il mondo dei GDR in Italia? C’è un pubblico appassionato e curioso? Io lo vedo floridissimo. C’è uno zoccolo duro di pubblico che ha una passione enorme, acquista i prodotti, li gioca e li supporta. Anche io faccio parte di questo gruppo, visto che amo comprare, leggere e giocare GDR di altri autori da sempre, da ben prima di essere autore io stesso.

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Durante il lockdown sono esplosi su Facebook e altri social numerosi gruppi in cerca di un party con cui passare le serate. Secondo te rimarranno questi numeri o è stata la noia da quarantena? Molti non potevano trovarsi con il loro gruppo e hanno iniziato a intraprendere la strada del giocare tramite Discord o altri programmi. Penso che molti si siano avvicinati al gioco tramite pc per cause di forza maggiore, ma senza dubbio è un modo unico per poter giocare fregandosene delle distanze. Io gioco solo via Hangout da un sacco di anni: io sto a Firenze, Curte a Livorno, sarebbe impossibile vederci per i playtest dei nostri prodotti con la stessa frequenza di adesso se dovessimo incontrarci dal vivo.

Quanto ha inciso sulle vendite e sulla diffusione in generale dei GDR la mancanza di fiere in questo periodo? Sarebbe potuto essere un disastro, ma abbiamo aperto un nostro e-shop diretto e la maggior parte dei nostri fan ci ha supportato acquistando da lì, quindi direi che anche senza fiere la cosa non è stata così traumatica (almeno per ora).

Ormai i GDR in Italia stanno tornando. Mi sembra di vedere che ci sia curiosità e che si vada oltre i titoli mainstream. Da sviluppatore e da giocatore, come pensi possa essere il futuro dei giochi di ruolo? Non ne ho idea, perché il mondo cambia a una velocità incredibile. Spero sia roseo, perché amo i GDR e il loro mondo.

Si fatica a proporre nuovi titoli in Italia? A mio avviso assolutamente no. Vedo che il mercato è pieno di nuovi autori e nuove proposte e ognuna trova il suo spazio, quindi direi che il momento è florido e pieno di opportunità.

Come dovrebbe fare un designer emergente per proporre i propri progetti? Ci sono realtà che valutano proposte? Noi siamo stati per dodici anni autori che scrivevano per editori, non autoproduttori. Quindi ci siamo presentati agli editori con il nostro gioco (Sine Requie) completamente scritto, impaginato e con le illustrazioni. Sono sicuro che oggi ci siano ancora editori pronti a scommettere su prodotti nuovi di giovani autori, basta andare a una fiera e chiedere a ogni editore se accetta un progetto nuovo, non è affatto difficile.

Quali saranno le prossime mosse della Serpentarium? Tra le nostre linee abbiamo Sine Requie e L’Ultima Torcia che sono il traino della ditta. Per L’Ultima Torcia ci sono manuali già in programma per qualche anno. L’Ultima Bomba è molto giovane, vedremo come andranno le vendite della sua prima espansione Omega Valley, ma visti i riscontri la linea mi sembra in salute. Le nostre mosse sono di continuare a scrivere ogni giorno come abbiamo sempre fatto dal 2003 a oggi.

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Devo chiedertelo: la tua build preferita in L’Ultima Bomba? Elfo Prepper con balestra e Predatore Silenzioso.

Visitate il sito di Serpentarium per rimanere aggiornati sulle prossime uscite e scoprire qualche nuovo gioco di ruolo. Il mondo dei GDR ha bisogno di voi.

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Serpentarium, i giochi di ruolo non si fermano

Brian Alan Ellis, the bad poet is here to save us all

I use to spend a lot of time on Twitter. I like tweets by authors and their messy, crazy life. But honestly I have to say that my favourites are signed by Brian Alan Ellis. They make you laugh, but they also have a black vein of sadness hidden in their 280 characters.

You have to know that Brian is more than a professional tweets writer. He is a prolific editor and author. His style is unique, he writes in a minimalistic way, but sharp as a knife. We talked a year ago about House Of Vlad Press and now I asked him some news about his latest book, his language in poems. And we talked about wrestling, obviously.

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Hi Brian, how are you? Hello! I’m well. In the process of moving into another place.

How have you lived the lockdown? Did it help you creatively? Lockdown was whatever. I was unemployed for two months, though that did help with moving along the book projects I’m currently doing.

Your new book is finally out. What’s the idea behind Bad Poet? Bad Poet is basically a sequel to my last poetry collection, Road Warrior Hawk, which was supposed to be double the size. I decided that 224 pages was maybe too much bad poetry to take in at once, so I split the book in two. The title and cover concept of Bad Poet is just a satirical play on Roxanne Gay’s Bad Feminist. Maybe I’ll get sued.

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Do you consider yourself a bad poet? Yes. A terrible, horrible, no good, very bad poet.

Your poems have a particular language unlike anything I’ve read before. Can you tell us about it? I pretty much just turned a bunch of my tweets into poems and then started submitting them to poetry journals for a laugh. Then they started getting published, surprisingly.

Did Twitter influence you poems? What came first, the Twitter shit-post or the poem? Hard to say, being that my poems are basically derived from my Twitter account.

Generally, are social networks influencing the language in books?  In a lot of ways I think they are. Social media is now being used as dialogue in movies and books. Characters text each other. It’s just the way it is. Makes for a faster, more succinct delivery to our already Internet-damaged brains.

Poetry Slam or prizes in literature? I poke fun at both, sure, but I honestly don’t know much about either to give an actual opinion. Competition and prizes have both eluded me. This is hard to believe, I know…

Your next project? I’m currently working on a stupid novel (Hobbies You Enjoy), and also a third omnibus (Something to Do with Sadness, Laughter, Pie and Failure). Then I might retire.

And House of Vlad Press’ next adventure? House of Vlad will be publishing novels by Nathaniel Kennon Perkins (Wallop) and Jon Lindsey (Body High), a story collection by Kevin Stern (All Must Go), and books by Sophie Jennis (Hot Young Stars) and Joshua Dalton (I Hate You… Please Read Me).

Most importantly, which wrestler would you want to write a book with? This is a great question. Most of the big-time pro wrestlers already have books out so I would probably go deeper and ghostwrite a book with Dale Torborg, a wrestler not too many people know about. See, he wrestled as The Demon in WCW during the late ’90s. He was basically the KISS-endorsed wrestler. He dressed up like Gene Simmons, and he was awful. I think doing a book with him would be like combining my three childhood loves (KISS, professional wrestling and failure) into one steamy pile of yum-yum.

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BRIAN ALAN ELLIS runs House of Vlad Press, and is the author of several books, including Sad Laughter (Civil Coping Mechanisms, 2018). His writing has appeared at JukedHobartMonkeybicycleFanzineElec­tric Litera­tureVol. 1 BrooklynFunhouseHeavy Feather Review, and Queen Mob’s Tea House, among other places. He lives in Florida.

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Brian Alan Ellis, the bad poet is here to save us all

Non sta andando tutto bene, intanto ascoltiamo nuova musica

Il mondo della musica, indipendente e non, ha subito un duro colpo durante questa emergenza. Dagli artisti ai tecnici, nessuno è stato risparmiato e rialzarsi sarà un’impresa ardua. A chi mancano gli amici sotto il palco, i banchetti, i festival che non dovrebbero mai finire?

“Lo spirito continua” dicevano i Negazione e al momento non ci resta che crederci davvero. E proprio per questo motivo è doveroso segnalare qualche dischetto uscito durante la quarantena. Un tridente tutto italiano che

L’Oceano Sopra – “Kéreon”

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Ne sentirete parlare. Speriamo presto.

L’Oceano Sopra è un progetto che ritorna con un album diretto, devastante. Già dalle prime note si capisce che il ritmo è da guerra, incalzante e non intende lasciare nemmeno un secondo di pausa. I testi sono introspettivi e le parole cavalcano una corrente di suoni che cresce di intensità. Si viene proiettati in un mare in tempesta, che non si ferma e rompe la pancia delle navi.

Kéreon sono le onde contro gli scogli.  Promosso a pieni voti, ancora.

O – “Antropocene”

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Amanti del black metal unitevi.

O è una garanzia nella musica oscura italiana e Antropocene conferma lo spirito della band di Biella. In questa seconda tappa del loro viaggio, i ragazzi creano un’atmosfera decisamente più opprimente, da togliere il fiato per lo spessore della sonorità. Si respira a fatica, come se fossimo in una nebbia di distorsione e urla. Avete presente i loro live? Ecco, hanno impresso quell’aria su un disco in continua evoluzione, inarrestabile.

Rope – “Crimson Youth”

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Diciamolo, i Rope hanno creato da subito una certa curiosità nell’ambiente. E l’aspettativa è stata rispettata alla grande. Crimson Youth è un disco bellissimo e non c’è altro modo di dirlo.

Al suo interno ci sono diverse influenze, tutte figlie di uno spirito punk e rock’n’roll che ha tanta voglia di farsi sentire e di continuare a suonare fino a tardi. Non poteva esserci pezzo migliore di No more chance per aprire le danze e abbandonarsi al mood dell’album. 4AM and still here è la canzone degli abbracci e delle birrette sotto il palco, We are the lads è da suonare in situazioni come il Venezia Hardcore.

Iniziamo a rialzarci da qua.

Non sta andando tutto bene, intanto ascoltiamo nuova musica

Noah Cicero, Nature Documentary

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Arrivo sempre in ritardo, ma alla fine arrivo. Un po’ di pazienza.

Tempo fa ho conosciuto degli scrittori e editori americani con i quali sono rimasto in contatto. Li ho intervistati, mi hanno presentato quello che succede nel Nuovo Mondo tra una pagina da scrivere e un match di wrestling. Seguo le loro pubblicazioni, ogni tanto si chiede qualche consiglio, si parla in generale. Cose così.

Ho iniziato ad addentrarmi e innamorarmi del mondo “indie” (se proprio dobbiamo etichettarlo) della letteratura americana. Scavando sempre di più ho scoperto un microcosmo di editori e autori che scrivono pezzi incredibili. E si spazia dalla fiction alla poesia, dai racconti brevi a romanzi impensabili. La cosa importante è che il genere non è quella cosa fondamentale. Si scrive per necessità, per passione, perché l’Adderall non scende. Proprio come avviene qua in Italia, no?

L’ultimo libro che mi ha particolarmente colpito è stato Nature Documentary di Noah Cicero, edito da House of Vlad Press (2019). Ripeto, arrivo sempre in ritardo e in questo caso l’ho letto alla terza ristampa, ma eccomi fresco e pronto per parlarne.

Nature Documentary è una raccolta di poesie, divisa in tre parti. Ognuna di queste è raccontata da un verso, una sorta di filo rosso che riporta un particolare momento vissuto dall’autore. Un dialogo, una riflessione, la presenza di una persona al proprio fianco.

She doesn’t know Spanish,

but she knows what death means.

Noah Cicero si serve di un linguaggio semplice e in grado di dar forma a immagini che non si riesce a dimenticare. Si muove tra la dolcezza di una confessione e l’ironia con cui guarda ciò che ha intorno. La società, le debolezze delle persone diventano elementi che bruciano, che scatenano emozioni amare, rassegnate, impotenti. E non possiamo che chiederci: quanto siamo diversi da queste persone? Quanto siamo parte della società?

La poesia di Noah è una lama affilata, di quelle di ghiaccio che non lasciano indizi. Rimane un taglio di riflessioni, una ferita aperta che brucia e che lascia nervi scoperti, cibo per gli avvoltoi. E forse non siamo altro che pensieri con le debolezze in vista, sotto gli occhi di tutti.

In queste pagine ho ritrovato quello spirito poetico che temevo di non trovare più. I libri di poesia sono qualcosa di prezioso, ma spesso mancano di fuoco. Versi su versi per lasciare infine lo stesso vuoto che avevo prima di leggerlo. La poesia deve togliere le forze, animare nuove immagini, spaccarti i denti. Nature Documentary è quel libro che dovevo incontrare per tornare a vedere la poesia come qualcosa di umano e non come un prodotto indie per copywriter indie da social network.

Il mondo letterario indie americano nasconde autori dalla penna letale. Provate, sarà un bellissimo viaggio.

Sui gruppi Facebook di poesia si è soliti ringraziare in un commento l’autore di versi particolarmente belli. Non ho mai capito il motivo. Ora, invece, mi sento più leggero a dirlo. Grazie Noah.

 

Noah Cicero, Nature Documentary

Demersal – “Less”

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Mi arriva una mail da una band danese. Penso wow, apro e scopro che il materiale è qualcosa di fortissimo. Ed è forte perché completo, almeno per quelli che sono i miei umili et bellissimi gusti.

I Demersal sono una stati una bellissima scoperta. Mi hanno fatto ascoltare Less, la loro ultima fatica e finalmente ne riesco a parlare.

Un mix tra “hardcore nero”, screamo e influenze che spaziano dal post-rock all’emo. In otto tracce la band danese condensa stati d’animo differenti, indaga le complessità delle relazioni e ciò che le rende tanto speciali. La voce, forte e fagile allo stesso tempo, urla quelle parole che forse non ha detto al momento giusto. E sotto si forma un tappeto di suoni simile al chaos che ogni giorno si vince, che si conosce. Che la maggior parte delle volte si fatica comunque a comprendere.

C’è energia in queste canzoni. C’è quella cieca ostinazione che spinge a provarci, a cercare di fare andare le cose per il meglio, anche quando la realtà dimostra il contrario. Si sa, rialzarsi è difficile e spesso persino doloroso. Eppure i Demersal usano quel dolore per urlare al mondo che hanno trovato un modo per soffrire di meno.

Gli amanti del blackened hardcore non rimarranno di certi delusi da questo gioiello. Sono curioso di vederli live, immagino già i feelings.

 

 

Demersal – “Less”

I 100 libri del secolo

Quels livres sont restés dans votre mémoire?

I lettori, quelli veri, sanno bene che il proprio tempo è dedicato a una costante ricerca, in cui si rincorrono nuovi libri da scoprire e restarne affascinati. Paradossalmente, il momento della ricerca è anche più eccitante della lettura stessa. È questione di fame.

E mentre un giorno cercavo l’ennesimo titolo da divorare ho scoperto una lista di libri, che mi ha fatto incontrare delle vere e proprie bellezze. Il maestro e Margherita, in particolare. Quel libro ha tutto quello che cercavo. Cos’è davvero questa magica lista?

Nel 1999, attraverso un sondaggio a opera di Fnac e LeMonde, è stato stilato un elenco dei libri più belli del XX secolo. Al suo interno si incontrano romanzi, opere teatrali, saggi, fumetti e qualche film. I cittadini francesi hanno risposto alla domanda: “Quali libri sono rimasti nella vostra memoria?“. Domanda da un milione di soldi. Per fortuna il risultato è stato fortissimo.

I francesi hanno giocato in casa, ci sta che diversi autori rientrino in questa classifica. Mancano libri? Alcuni sopravvalutati, altri sottovalutati?

Per i lettori che hanno fame, tanta fame, ecco la lista della spesa.

  1. Alber Camus, Lo straniero, 1942
  2. Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto, 1913-1927
  3. Franz Kafka, Il processo, 1925
  4. Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, 1943
  5. André Malraux, La condizione umana, 1933
  6. Louis-Fernand Céline, Viaggio al termine della notte, 1932
  7. John Steinbeck, Furore, 1939
  8. Ernest Hemingway, Per chi suona la campana, 1940
  9. Alain-Fournier, Il grande Meaulnes, 1913
  10. Boris Vian, La schiuma dei giorni, 1947
  11. Simone de Beauvoir, Il secondo sesso, 1949
  12. Samuel Beckett, Aspettando Godot, 1952
  13. Jean-Paul Sartre, L’essere e il nulla, 1943
  14. Umberto Eco, Il nome della rosa, 1980
  15. Aleksandr Solzenicyn, Arcipelago gulag, 1973
  16. Jacques Prévert, Paroles, 1946
  17. Guillaume Apollinaire, Alcools, 1913
  18. Hergé, Il loto blu, 1936
  19. Anne Frank, Diario, 1947
  20. Claude-Lévi Strauss, Tristi tropici, 1955
  21. Aldous Huxley, Il mondo nuovo, 1932
  22. George Orwell, 1984, 1949
  23. René Goscinny & Albert Uderzo, Asterix il gallico, 1959
  24. Eugène Ionesco, La cantatrice calva, 1952
  25. Sigmund Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale, 1905
  26. Marguerite Yourcenar, L’opera al nero, 1968
  27. Vladimir Nabokov, Lolita, 1955
  28. James Joyce, Ulisse, 1922
  29. Dino Buzzati, Il deserto dei Tartari, 1940
  30. André Gide, I falsari, 1925
  31. Jean Giono, L’ussaro sul tetto, 1951 (film)
  32. Albert Cohen, Bella del Signore, 1968
  33. Gabriel Garcìa Màrquez, Cent’anni di solitudine, 1967
  34. William Faulkner, L’urlo e il furore, 1929
  35. François Mauriac, Thérèse Desqueyroux, 1927
  36. Raymond Queneau, Zazie nel metro, 1959
  37. Stefan Zweig, Sovvertimento dei sensi, 1927
  38. Margaret Mitchell, Via col vento, 1936
  39. D. H. Lawrence, L’amante di Lady Chatterley, 1928
  40. Thomas Mann, La montagna incantata, 1924
  41. Françoise Sagan, Bonjour tristesse, 1954
  42. Vercors, Il silenzio del mare, 1942
  43. Georges Perec, La vita, istruzioni per l’uso, 1978
  44. Arthur Conan Doyle, Il mastino dei Baskerville, 1901/1902
  45. Georges Bernanos, Sotto il sole di Satana, 1926
  46. Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, 1925
  47. Milan Kundera, Lo scherzo, 1967
  48. Alberto Moravia, Il disprezzo, 1954
  49. Agatha Christie, L’assassinio di Roger Ackroyd, 1926
  50. André Breton, Nadja, 1928
  51. Louis Aragon, Aurélien, 1944
  52. Paul Claudel, Le Soulier de satin, 1929
  53. Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, 1921
  54. Bertolt Brecht, La resistibile ascesa di Arturo Ui, 1959
  55. Michel Tournier, Venerdì o il limbo del Pacifico, 1967
  56. H. G. Wells, La guerra dei mondi, 1898
  57. Primo Levi, Se questo è un uomo, 1947
  58. J. R. R. Tolkien, Il signore degli anelli, 1954-1955
  59. Colette, Viticci, 1908
  60. Paul Éluard, Capitale de la douleur, 1926
  61. Jack London, Martin Eden, 1909
  62. Hugo Pratt, Una ballata del mare salato, 1967
  63. Roland Barthes, Il grado zero della scrittura, 1953
  64. Heinrich Böll, L’onore perduto di Katharina Blum, 1974
  65. Julien Gracq, La riva delle Sirti, 1951
  66. Michel Foucault, Le parole e le cose, 1966
  67. Jack Kerouac, Sulla strada, 1957
  68. Selma Lagerlöf, Il viaggio meraviglioso di Nils Holgersson, 1906-1907
  69. Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé, 1929
  70. Ray Bradbury, Cronache marziane, 1950
  71. Marguerite Duras, Il rapimento di Lol V. Stein, 1964
  72. J. M. G. Le Clézio, Il verbale, 1963
  73. Nathalie Sarraute, Tropisme, 1939
  74. Jules Renard, Diario, 1925
  75. Joseph Conrad, Lord Jim, 1900
  76. Jacques Lacan, Scritti, 1966
  77. Antonin Artaud, Il teatro e il suo doppio, 1938
  78. John Dos Passos, Manhattan Transfer, 1925
  79. Jorge Luis Borges, Finzioni, 1944
  80. Blaise Cendrars, Moravagine, 1926
  81. Ismail Kadare, Il generale dell’armata morta, 1963
  82. William Styron, La scelta di Sophie, 1979
  83. Federico Garcìa Lorca, Romancero gitano, 1928
  84. Georges Simenon, Pietro il Lettone, 1931
  85. Jean Genet, Notre Dame des fleurs, 1944
  86. Rober Musil, L’uomo senza qualità, 1930-1932
  87. René Char, Fureur et mystère, 1948
  88. J. D. Salinger, Il giovane Holden, 1951
  89. James Hadley Chase, Niente orchidee per miss Blandish, 1939 (film)
  90. Edgar P. Jacobs, Blake e Mortimer, 1950
  91. Rainer Maria Rilke, I quadrni di Malte Laudris Brigge, 1910
  92. Michel Butor, La modificazione, 1957
  93. Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, 1951
  94. Michail Bulgakov, Il maestro e Margherita, 1967
  95. Henry Miller, Crocifissione in rosa, 1949-1960
  96. Raymond Chandler, Il grande sonno, 1939
  97. Saint-John Perse, Amers, 1957
  98. André Franquin, Gaston, 1957
  99. Malcolm Lowry, Sotto il vulcano, 1947
  100. Salman Rushdie, I figli della mezzanotte, 1981

Se un giorno dovessi riuscire a leggerli tutti portatemi diottrie e opere di bene.

 

I 100 libri del secolo

So Long – “So Long”

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Se c’è qualcuno che non ha mai sbagliato a consigliarmi qualcosa di bello da ascoltare, quello è proprio Fabio. Quando a un concerto leggerete “È un brutto posto dove vivere” vorrà dire che non poteva capitarvi cosa migliore.

Per gli amanti dell’emo, di quel punk intriso di emozioni e in grado di trascinare i ricordi, i So Long sono una band da non lasciarsi scappare. Provenienti da Cesena, a ottobre 2017 pubblicano un disco omonimo, il quale funge da manifesto del loro percorso.

Le sonorità sono dolci e si crea subito un vortice emotivo che guida l’ascoltatore per tutta la durata dell’album. Si viene catturati già dal primo accordo e con il secondo si spera che quei suoni non finiscano mai. La sensazione è quella di correre lungo una strada e ai bordi si vedono scorrere i ricordi e quei momenti che, anche volendo, non riusciremo mai a dimenticare.

I So Long sono una bella sorpresa, di quelle che sanno come accompagnarti nelle giornate in cui tutto sembra un po’ più spento del solito.

So Long – “So Long”

Esche Vive – “Anorchidia Mixtape Vol. 2”

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Il luogo in cui vivi ti forma, che tu lo voglia o no. La routine, le persone che entrano a farne parte, le solite vie e le altrettanto abitudinarie commissioni da svolgere ti cambiano a poco a poco, lentamente. E in tutto questo ci sono anche i mostri, quelli che strisciano, che vivono la loro giornata distorta e piegano quella degli altri. Prova tu a non impazzire o a restare calmo. Cercare una via di fuga, sia essa dolorosa o meno, è invitabile. La scrittura è un esempio che calza a pennello.

Tra gli sbuffi fumosi di noia, a Rovigo emergono voci distanti che si raccolgono in un unico fuoco, mentre annota ciò che gli accade attorno, ne esamina i movimenti per raccontarli poi in parole e musica. E si ascolta in fine qualcosa di sinistro come il nero osservato, in grado di dipingere una realtà che cade, la stessa di una città morente.

L’ultima fatica degli Esche Vive si intitola Anorchidia Mixtape Vol. 2 e comprende tredici tracce di un rap oscuro, diretto e proveniente dal basso, dove l’intimità confonde le forme e si spaventa per i contorni. Le strumentali sono prodotte da Acca, beatmaker del collettivo, alle quali si affiancano quelle di DavillaPlectroomBass Estrada. A dar loro voce ci sono gli Mcs della crew che rispondono a nome di JunkyPao e C.O.C., oltre a diversi featuring. Il mixtape è ben strutturato, non vi sono tracce inutili come spesso accade in questo genere o in questo tipo di raccolte e all’interno si trovano riferimenti tutt’altro che banali.

St. Jude è la prima preghiera che si intona, a cui seguono canzoni notevoli come FujikoAssiemeCandyman” Memento. Ognuna di esse crea un’atmosfera particolare che si accorda perfettamente con l’immaginario proposto, senza nessuna stonatura. Rovigo si merita di essere imparata a memoria, per l’ennesima volta.

Che poi dicono che basti poco e che le abitudini non sono supereroi invincibili, ma possono essere cambiate. E forse possiamo essere gli eroi di noi stessi, almeno per una volta.

Esche Vive – “Anorchidia Mixtape Vol. 2”