Belvedere – Note Vocali

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Era solo questione di tempo prima che si presentassero nuovi artisti lo-fi. O meglio, prima di scoprire altre perle nella parte strana di YouTube. E no, non si tratta solo di playlist per studiare in tranquillità.

Nelle “puntate precedenti” ho avuto modo di parlare di Gli occhi di chi ha fatto il Vietnam e oggi passiamo a un suo collega. Di questa nuova famiglia ne sentiremo presto parlare.

Note vocali di Belvedere è un album che prende forma in una dimensione domestica. Ci si sente subito a casa, in quella cameretta dove si provano gli accordi, i pedali, le parole per una canzone che chissà se verrà mai registrata. Le canzoni sono un flusso di pensieri e speranze, della forma di vere e proprie note vocali. Hai presente quando senti di aver qualcosa da dire e non ti importa dell’orario, del momento sbagliato, della guerra che potresti scatenare? Hai presente quando dovresti pensare a ballare e invece hai lei in testa?

Le sonorità lo-fi che caratterizzano le canzoni del disco fanno volare. Sembra di stare a un palmo dal suolo, si fluttua, mentre tutto scorre. La voce conversa con l’ascoltatore – e con l’autore stesso – sopra chitarrine e melodie delicate. Siamo di fronte a un lavoro molto intimo, in cui Belvedere racconta momenti semplici, ma importanti. Sono quelli che danno vita alle sua canzoni, alle note, alle parole che si nascondono.

La giornata inizia e finisce in cameretta. Inizia e finisce con uno strumento in mano. E nelle migliaia di canzoni che si scrivono, poche sono quelle che alla fine rimangono. Come i ricordi migliori.

 

Belvedere – Note Vocali

Metide – “Solution”

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Un album come Solution meriterebbe ore di discussione, di confronto, di analisi. I Metide hanno scritto qualcosa che respira, che cresce ascolto dopo ascolto.

Si sente subito una enorme sperimentazione. Dai riff alla struttura dei pezzi, si incontra qualcosa di insolito. Siamo di fronte a un progetto volutamente strutturato per accompagnare chi ascolta in un viaggio di (ri)scoperta, di se stessi e degli spazi che ogni giorno viviamo. Gli stessi che nascondono una realtà molto più profonda di quanto possiamo lontanamente immaginare.

Dopo i primi accordi prendono forma atmosfere poliedriche, capaci di modificare e plasmare la percezione dell’ambiente attorno. La sensazione è quella che la musica prenda una forma concreta e che guidi l’ascoltatore in quei corridoi infiniti della crescita umana. Ogni traccia è una tappa che invita a indagare il passo successivo e il percorso tracciato al nostro interno. C’è il rischio di perdersi, ma poi si vede la luce in fondo al tunnel.

Ho sempre amato gli album coraggiosi, quelli che si spingono oltre le “norme” di un particolare genere. Anche per questo motivo risulta difficile inquadrare i Metide. La volontà di concentrarsi sulle suggestioni piuttosto che sulla sulla struttura canonica di una canzone dà all’interno album una profondità non comune. È la ricerca. La ricerca nata da esigenze viscerali, quando quello che vedi sta stretto e non fornisce più stimoli. La mancanza di veri e propri punti di riferimento porta a cercarne altri, portando spesso a nuove  conquiste.

Buon viaggio.

Metide – “Solution”

Five Minutes Hate – “A new death”

Cover Five Minutes Hate

Continua la saga “album usciti in quarantena”. Mea culpa se non ne ho parlato prima.

Si vola in Piemonte per la seconda fatica dei Five Minutes Hate intitolata A new death.

Non ascolto mai un disco una volta soltanto. Cerco sempre di trovare più sfumature possibili, quei piccoli dettagli che possono sfuggirmi. In questo caso l’ho messo in loop per diverse ragioni.

A new death si presenta subito come un album completo, che sa il fatto suo. Il sound ha un chiaro marchio metalcore, con impronte melodiche e quella rabbia che conraddistingue questo genere. I riff sono vari, vorticosi e ricercati. C’è una sorta di sperimentazione che non si allontana dalla tradizione americana e, in qualche punto, nord europea. La voce non si risparmia, si fa largo in un tappeto di suoni con un carisma invidiabile.

Le canzoni contenute nel progetto sono collegate da un concept che rimanda all’album precedente. Affiora uno scenario post-apocalittico, dove si rinasce attraverso la morte. Desolazione, disordine, caos regnano in questa dimensione che abbraccia tutte le cose.

Dieci tracce d’odio, gli amanti del metalcore apprezzeranno.

Five Minutes Hate – “A new death”

Non sta andando tutto bene, intanto ascoltiamo nuova musica

Il mondo della musica, indipendente e non, ha subito un duro colpo durante questa emergenza. Dagli artisti ai tecnici, nessuno è stato risparmiato e rialzarsi sarà un’impresa ardua. A chi mancano gli amici sotto il palco, i banchetti, i festival che non dovrebbero mai finire?

“Lo spirito continua” dicevano i Negazione e al momento non ci resta che crederci davvero. E proprio per questo motivo è doveroso segnalare qualche dischetto uscito durante la quarantena. Un tridente tutto italiano che

L’Oceano Sopra – “Kéreon”

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Ne sentirete parlare. Speriamo presto.

L’Oceano Sopra è un progetto che ritorna con un album diretto, devastante. Già dalle prime note si capisce che il ritmo è da guerra, incalzante e non intende lasciare nemmeno un secondo di pausa. I testi sono introspettivi e le parole cavalcano una corrente di suoni che cresce di intensità. Si viene proiettati in un mare in tempesta, che non si ferma e rompe la pancia delle navi.

Kéreon sono le onde contro gli scogli.  Promosso a pieni voti, ancora.

O – “Antropocene”

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Amanti del black metal unitevi.

O è una garanzia nella musica oscura italiana e Antropocene conferma lo spirito della band di Biella. In questa seconda tappa del loro viaggio, i ragazzi creano un’atmosfera decisamente più opprimente, da togliere il fiato per lo spessore della sonorità. Si respira a fatica, come se fossimo in una nebbia di distorsione e urla. Avete presente i loro live? Ecco, hanno impresso quell’aria su un disco in continua evoluzione, inarrestabile.

Rope – “Crimson Youth”

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Diciamolo, i Rope hanno creato da subito una certa curiosità nell’ambiente. E l’aspettativa è stata rispettata alla grande. Crimson Youth è un disco bellissimo e non c’è altro modo di dirlo.

Al suo interno ci sono diverse influenze, tutte figlie di uno spirito punk e rock’n’roll che ha tanta voglia di farsi sentire e di continuare a suonare fino a tardi. Non poteva esserci pezzo migliore di No more chance per aprire le danze e abbandonarsi al mood dell’album. 4AM and still here è la canzone degli abbracci e delle birrette sotto il palco, We are the lads è da suonare in situazioni come il Venezia Hardcore.

Iniziamo a rialzarci da qua.

Non sta andando tutto bene, intanto ascoltiamo nuova musica

The Love Supreme – “A shade of yellow very close to the gold album”

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Il san Valentino del 2020 sarà ricordato per l’uscita di un disco che ha entusiasmato il popolo hardcore di internet. Un regalo migliore dei Baci Perugina o di una passeggiata mano nella mano sotto l’arena di Verona.

The Love Supreme è la band che ha scritto le sette tracce che compongono questo atto d’amore verso la musica e chi si ostina ancora a crederci con tutte le energie. In un momento in cui pareva che le acque fossero calme – troppo, direi – finalmente si ascolta qualcosa che dà speranza a tutti.

Scalford rain apre le danze e si capisce subito che non sarà facile resistere ai colpi che sparano questi ragazzi. Sonorità grezze, ritmi serrati, pochi momenti in cui riprendere fiato e via che si ritorna a ballare. Le influenze sono molteplici, dallo screamo più agguerrito alle sfumature rock’n’roll. Romanticismi e scorrettezze a parte, lo spirito è sempre quello punk che ci fa volare altissimo. Senza prendersi troppo sul serio, la band ha dato vita a tracce spesse.

A shade of yellow very close to the gold album è di certo un prodotto maturo. I membri della band provengono da esperienze di un certo spessore come Die Abete, Cayman The Animal, Bennett, Tutti I Colori Del Buio, Rope, Chambers, Six Feet Tall e le varie esperienze da cui provengono si fanno sentire, dando valore al tutto. ‘sticazzi non lo diciamo?

Love is in the air, punk hardcore too.

The Love Supreme – “A shade of yellow very close to the gold album”

Local Heroes #1

In questi giorni su Facebook si parla solo del Festival di Sanremo e dell’outfit di alcuni partecipanti. Faccio outing: magari fare qualcosa di più interessante?

Armato però di spirito patriottico ho deciso di lasciare un po’ di spazio a quegli eroi locali che ancora credono nelle proprie passioni. Oggi ho parlato di musica, domani chissà cosa incontriamo.

A Brescia non c’è nulla, sicuri?

 

Endrigo – Infernino

Partiamo subito con uno dei gruppi bresciani che si sta prendendo lo spazio che merita: gli Endrigo. Avevo iniziato a seguirli tempo e a oggi di palchi ne hanno fatti.

Infernino è un pezzo che volevo segnalare fortemente. Sarà per come è scritto, per come si lascia ascoltare, per quanto mi ha sorpreso. Sarà anche per il testo e se siete ascoltatori della band capirete quanto non sia tutto lasciato al caso. E se vi siete persi i loro lavori precedenti, recuperateli.

I violini di Nicola Manzan (Bologna Violenta, ‘sticazzi) sono una bellezza. Sono rimasto davvero colpito per questa uscita che vorrei sentire mille altre volte.

Gnari siete forti.

 

Gab De La Vega – “Beyound Space And Time”

Gab De La Vega lo seguo dai tempi dei The Smashrooms. Conservo ancora le magliette e i dischi della band con il quale l’ho conosciuto.

Lo spirito hardcore non è si è mai spento. Anzi, brucia in ogni nuova canzone, sempre più forte. Beyound Space And Time è il suo nuovo disco, registrato per questa occasione con l’aiuto di una band. E sì, promosso a pieni voti.

Forse il disco più introspettivo che ha scritto finora, Gab si racconta con un folk punk coinvolgente e sempre alla ricerca di nuovi suoni. Perfect texture canzone preferita.

Seguitelo nei live.

 

Il sistema di Mel – “Addosso”

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E nuovo disco anche per Il sistema di Mel. Addosso ha fatto parlare subito di sé e ascoltando le otto tracce che compongono il disco si capisce bene il motivo. Venature post-rock e influenze emo guidano una storia da film qualsiasi che in molti hanno vissuto.

Consigliatissimi da sentire/vedere in live, ovviamente.

  • Dalla regia ci è giunta la notizia che anche i Riccobellis hanno qualcosa di nuovo tra le mani. Attendiamo aggiornamenti.
  • A breve si può svelare qualche notizia di uno dei festival più importanti della zona. A breve, promesso.

L’unico modo per far sopravvivere questa rubrica è farla conoscere al mondo e segnalare tantissimi artisti della nostra amata/odiata città. Io so che Brescia nasconde ancora qualche tesoro.

Local Heroes #1

Carlo Corallo – “Can’tautorato”

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Ho avuto modo di dirlo in precedenza e si presenta un’ottima occasione per ribadirlo: Carlo Corallo è l’artista di cui avevamo bisogno.

Andrei oltre la questione puramente legata al genere musicale. Ha dimostrato in ognuno dei suoi lavori quanto fosse il valore aggiunto all’interno della scena rap italiana. Tecnica, contenuto, stile, flow, immaginario. Devo continuare?

È arrivato un nuovo disco. Si intitola Can’tautorato.

Questo album è l’ennesima conferma di un talento raro. Carlo Corallo è musicista, autore, storyteller, rapper. Scrittore, si può dire. Si è fatto conoscere in A luce spenta avrai paura dei fantasmi, poi capirai che anche la luce è uno spettro e nell’EP Dei comuni. Suoni caldi, parole in grado di evocare paesaggi e momenti quotidiani. Si respira l’aria della Sicilia, i profumi dei suoi frutti. Racconta di incontri che avvengono in città, nei bar silenziosi quando fuori piove e c’è solo lei di fronte.

Con Carlo Corallo si ascolta qualcosa di letterario. Gioca con le parole come se le avesse inventate lui. Le dispone con una dolcezza e una maestria degne dei grandi autori, quelli che si studiano sui libri di scuola e negli atenei universitari. C’è poesia nei suoi testi, amplificata da tecnicismi che non sono mai pesanti o noiosi. Insomma, gli incastri non sono un esercizio di stile per dimostrare che anche lui sa scrivere le rime. È qualcosa di più, qualcosa di così naturale che se non ci fosse non sarebbe Carlo Corallo. E chi ha avuto modo di seguire il suo percorso artistico ha capito questo suo tratto naturale.

Can’tautorato” propone un sound nuovo, pur mantenendo i rapporti con le origini e le melodie “classiche” dell’hip-hop. Si aggiunge altro. Il pianoforte, quel bellissimo pianoforte sempre presente, guida a un ascolto dolce quanto una carezza. In certi passaggi sembra quasi di avere un dialogo con il musicista, per l’aria intima che si respira. Immaginatevi di trovarvi a un tavolo con lui e di potervi confidare. Mi piace pensare che tante delle sue tracce siano state scritte a seguito di questi colloqui isolati.

Il suo lavoro impressiona per l’umiltà e l’onestà con cui si fa conoscere. Non ha bisogno di crearsi un personaggio, di millantare ricchezze o una vita lussuosa per ottenere l’attenzione dell’ascoltatore. Sono le rime che parlano per lui.

Ancora una volta Carlo Corallo dà dignità al rap. Gli conferisce una nota poetica forte, elegante. Lo eleva.

Già si aspetta il prossimo lavoro.

 

Carlo Corallo – “Can’tautorato”

Lenostrepaure – “Nessuno accanto”

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Nella mia città non succede mai nulla di bello, ma ci sono persone che sanno emozionare con una chitarra e qualche parola. E in quegli accordi c’è tutto quello che vorresti dire.

Lenostrepaure hanno scritto Nessuno accanto. Suonano da Brescia e raccontano di Firenze, di notti sospese ad aspettare un messaggio che non arriva, di sogni che tardano a realizzarsi. Ci sono i progetti grandi quando continenti, le piazze di tutta Italia da visitare e tante speranze. C’è anche quella solitudine sempre addosso, che non ti abbandona mai. La stessa che ti fa sentire solo anche tra sette miliarsi di persone.

Le sonorità della band viaggiano sull’emo melodico con sfumature post-rock, dolci e atmosferiche. Dai lavori precedenti hanno mantenuto quella dimensione cantautoriale che da sempre li ha contraddistinti. Quel modo di raccontare, con le parole e con gli accordi, i pensieri di ogni giorni è rimasto e in queste nuovi canzoni ha raggiunto una poetica forte, struggente. “Capelli corti” e “Bagnandoci” danno vita a immagini che si vivono con tutti i sensi.

Della mia città non c’è molto da dire, ma le persone che la vivono hanno sempre qualcosa da raccontare.

Lenostrepaure – “Nessuno accanto”

ZZ & Fato W – “Shinobi” EP

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L’unico stile di rap che dovrebbe sempre andare di moda è quello fatto bene. Il resto sono solo pensieri annoiati su Facebook, stories su Instagram con il solo scopo di dare visibilità a qualche youtuber che non ha ancora capito come utilizzare al meglio il proprio tempo. Questo vale in generale, ma vista la popolarità che da diversi anni a oggi ha acquisito il rap, è ora di mettere un po’ le cose in chiaro. E anche in questo caso è giusto che sia la musica a parlare.

Shinobi è il lavoro solista di ZZ, membro della crew bolognese OTM. Le strumentali sono firmate da Fato W che propone un sound decisamente fresco e d’impatto. Le sonorità appartengono a quella nuova ondata che mantiene allo stesso tempo un legame con la “vecchia scuola”, con le cosiddette “radici”. Gli scratch presenti nei pezzi “Shuriken” e “Ryu” ne sono un chiaro esempio, opere di RjD Django.

Ciò che colpisce maggiormente di questo EP sono le diverse influenze che si incontrano all’interno. C’è il groove. C’è la presa bene. C’è la strumentale che asseconda i pensieri dell’MC, da quelli più conscious a quelli che snocciolano punchline senza mai esaurirsi. ZZ dà prova di grandi capacità liriche, insieme a un flow vario e preciso. Le rime e gli incastri sono invidiabili a molti dei rapper che dicono di essere i soli a spaccare. Talvolta è quasi difficile stargli dietro.

L’EP di ZZ e Fato W è un esperimento uscito al meglio. OTM aveva già dato prova di essere un collettivo dinamico, pronto a viaggiare su flussi inesplorati e a proporli con grande personalità. Il risultato finale è degno di attenzione e capace di creare un interesse meritato attorno al progetto.

Questo è il rap fatto bene. Questo è il rap che dovrebbe andare di moda.

ZZ & Fato W – “Shinobi” EP

Dhole – “Dove mitigano i dubbi e nascono credenze”

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Ultimamente i miei ascolti sono diversi dal solito. Variano in genere, in immaginari e non credo ci sia un filo conduttore che li lega. Inizio quasi a credere che si possa davvero ascoltare “di tutto”.

Tra i diversi generi, uno in particolare sta prendendo più spazio di altri. Sarò sentimentale o forse è a causa di questo marzo troppo caldo che mi confonde le idee sui vestiti, sulle cose da fare e su quelle da lasciare in parte. Forse perché è il mese in cui cresco di un anno o forse perché qualcuno fa musica come si dovrebbe. O almeno, come piace a me.

Ci siamo capiti. Marzo è il mese emo. E se avete amici tristi c’è una perla che dovete consigliare, per fare bella figura e per fargli capire che non è solo.

Dove mitigano i dubbi e nascono credenze è l’ultimo disco dei Dhole, band rivelazione e tra le più promettenti. L’album è uscito a novembre dello scorso anno e nessuno l’ha ancora tolto dal giradischi.

Sei canzoni e un mare di emozioni. Il disco è qualcosa di così intimo che non è facile descrivere. E anche i suoni, dolci e morbidi smuovono le acque del mare che ognuno ha dentro. Accompagnano la voce che si racconta all’ascoltatore, di cosa ha vissuto e cosa lo ha spinto a scrivere questa musica. Parla di dove sono nate le credenze e, forse, anche le incertezze.

Si ascoltano sonorità emo precise, calde. La band sperimenta nelle sfumature screamo, nei testi, risultando così un disco interessante sia per gli amanti del genere, sia per coloro che lo stanno conoscendo ora. Non c’è migliore inizio e migliore scoperta.

L’emo ci salverà.

Dhole – “Dove mitigano i dubbi e nascono credenze”